sabato 12 febbraio 2011

The Spirit


Giovedì sera ero a casa e in tv hanno trasmesso The Spirit, che era nella lista dei film che prima o poi vorrei vedere. Così, ne ho approfittato: alle ore 21, inforcati gli occhiali, indossata una comoda tuta, presa una morbida coperta, ero in postazione d'ozio totale sul mio letto.
Frank Miller è grande! Quel suo stile, in cui pare di vedere una pellicola a fumetti piuttosto che un film, lo trovo stupendo. Miller non delude, anche se... la storia mi sembrava piuttosto banale, anche un po' vuota. Dato che considero Miller un genio, mi son chiesta quale fosse il suo obiettivo per questo film. Così, armatami di computer, mi sono affidata a Google, dove ho trovato questa bella recensione di Andrea D'Addio pubblicata il 22/12/2008.

Miller si sbizzarrisce nei richiami ad altre opere cinematografiche, nel costruire attorno al suo protagonista una sorta di manifesto pop non solo del concetto di supereroe, ma anche del cinema stesso.
“Datemi subito una cravatta. E fate in modo che sia rossa!”. Quando quello che dovrebbe essere un supereroe esclama, dopo poco più di mezz’ora, una frase così leggera e allo stesso tempo così intrinsecamente legata a quell’attenzione per l’estetica che sta facendo diventare i vari Spiderman & Co. più che delle leggende delle vere e proprie icone di stile (non a caso a New York lo scorso maggio vi è stata una mostra su questa falsariga), è chiaro che ciò che si sta guardando è qualcosa di diverso dalle solite pellicole sui boyscout mascherati.
Qui The Spirit non è una riproposizione audio e video dei disegni e delle storie di Will Eisner (che lo ha creato nel 1940), ma un personaggio che di quelle pagine riprende sì il look, i nomi dei cattivi e la rappresentazione della città, e cioè la parte più superficiale, quella legata all’occhio, ma esagera tutto il resto, a partire dall’ironia.
Se The Spirit aveva come punto di riferimento, a volte anche in maniera sarcastica, i detectives delle storie di Raymond Chandler, qui Miller si sbizzarrisce nei richiami ad altre opere cinematografiche (grottesca quella di “Il maratoneta”), nel costruire attorno al suo protagonista una sorta di manifesto pop non solo del concetto di supereroe, ma anche del cinema stesso.
Non siamo assolutamente dalle parti delle cupe atmosfere di Sin City e 300 (mondi che Miller ha inventato quando si limitava al fumetto), tutto è volutamente sopra le righe, comico nel suo essere smaccatamente frutto di una ricerca prima di tutto estetica e solo in secondo luogo contenutistica. Non c’è sovrastruttura narrativa, il buono nasce per combattere un cattivo che: a) vuole dominare il mondo, b) rivela i suoi piani all’eroe quando pensa di essere ormai vicino alla vittoria (ma logicamente si sbaglia) e c) dice frasi del tipo “noi due in fondo siamo uguali”. Insomma ricalca fedelmente qualsiasi stereotipo per diventarne il ridicolo emblema e strappare sorrisi.
Frank Miller pare aver riversato nel suo eroe tutte le sue passioni. Dall’amore per la città a quello per le belle donne, passando per l’attenzione ai capi firmati (chi scrive ha avuto modo di intervistarlo tempo fa. Alla domanda sul se seguisse la moda, Miller rispose: “Mi piace così tanto che per Sin City finii col vestire delle prostitute che guadagnano mille dollari al mese con dei Versace che costano più di diecimila dollari”).
The Spirit va così visto come una sorta di film comico, una festa di continue invenzioni visive che strizzano l’occhio al cinefilo, ma forse non agli amanti dell’originale The Spirit, un lavoro originale e apprezzabile per il suo tentativo di cercare un proprio linguaggio (di Sin City si può dire, ad esempio, che sia quasi ricalcato sulla graphic novel), memore della lezione di Eisner, ma non per questo succube del genio del suo inventore.

Confermo: Frank Miller è geniale!

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