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domenica 6 maggio 2012

The Avengers


  Sono andata a vederlo Venerdì sera in 3D. Sono uscita dal cinema esaltatissima!!! Quello che pensavo era: "Fantastico, semplicemente FA-VO-LO-SO!"
  Per chi ama i film Marvel, secondo me questo è in assoluto il migliore. Non a caso il regista è Joss Whedon... e scusa se è poco! É stato abilissimo nell'orchestrare il tutto. Innanzitutto, tra i Vendicatori non c'è nessuno che spicca, ma sono tutti indispensabili: viene fuori il concetto di "necessità di una squadra", il che lo trovo bellissimo e per niente facile da rendere. Poi, è di base un film d'azione, ma ci sono anche momenti più statitici, e l'alternarsi di quiete e azione è ben fatta, non facendo mai annoiare lo spettatore. E poi qua e là sono sparsi momenti esilaranti inaspettati, che proprio perché inaspettati provocano risate veramente di gusto.
  Assolutamente da vedere AL CINEMA. Ne vale davvero la pena.

martedì 17 gennaio 2012

Sherlock Holmes - gioco di ombre



  Film del 2011 diretto da Guy Ritchie ed interpretato da Robert Downey Jr., nel ruolo del leggendario investigatore Sherlock Holmes, e Jude Law, nella parte del Dr. Watson. Si tratta del sequel di Sherlock Holmes, uscito nel 2009.
  Il film è influenzato molto dal racconto L'ultima avventura e si svolge circa un anno dopo gli eventi del primo film.
(Wikipedia)

  Nonostante l'elogio che ne fa MyMovies, a me questa seconda avventura non è piaciuta per nulla. L'ho trovata noiosissima.
  Innanzitutto, il professor Moriarty. La cosa bella del primo film è che non si vede mai, salvo verso la fine quando fanno vedere una sua foto. Per il resto, si sente la voce, si intuisce che è una mente malvagia eppure geniale, ma è avvolto da un'aura di mistero. Il secondo episodio comincia con Holmes che sa TUTTO di Moriarty, bruciando quell'aura di mistero costruita tanto bene. Ma un minimo di introduzione su come è riuscito a scoprire tutto? E poi era proprio il mistero il fascino di questo criminale. In questo modo è diventato solo uno dei tanti cattivi che, non avendo nulla da fare tutto il giorno, si divertono a stravolgere il mondo.
  Infatti è anche questo: perché Moriarty fa quello che fa? Potere? Denaro? Divertimento? Schizofrenia?! Io sinceramente non l'ho capito. Moriarty sembra tanto geniale al primo film quanto un fuori di melone qualsiasi al secondo.
  Poi, i personaggi principali sembrano degli automi, incapaci di provare qualsiasi sentimento od emozione, quando invece al primo film c'era molta più passione. Si è puntato tutto sull'ironia di Holmes, ma ora quel suo tratto caratteristico lo fa sembrare un idiota piuttosto che un detective geniale e superintuitivo.
  Altra cosa: vengono introdotti un quantitativo di personaggi senza che ne venga approfondito nemmeno uno!!! Un'accozzaglia allucinante.
  Decisamente pessimo, mi ha delusa moltissimo.

domenica 8 gennaio 2012

Dylan Dog



E' un film del 2010 diretto da Kevin Munroe e basato sul fumetto italiano Dylan Dog.
Non si tratta di adattamento cinematografico di alcun albo della serie a fumetti, bensì una storia completamente nuova scritta per l'occasione.
(Wikipedia)
Ma che schifo!
Innanzitutto, secondo me il regista poteva sprecarsi a cercare un attore più adatto ad interpretare Dylan Dog: infatti, il Dylan dei fumetti è un tipo alto e snello, non un americanone con i muscoli pompati.
Poi, la storia è di un banale unico: non c'è un colpo di scena, è tutto assolutamente prevedibile.
Ed infine, l'americanata per eccellenza: il voler buttare ogni situazione, anche la più tragica, sul divertente e lo spiritoso, scadendo in un clima del tutto demenziale.
Per chi non ha ancora visto questo film, il mio consiglio è: dedicate la serata a qualcosa di meglio!

domenica 18 dicembre 2011

puss in boots



Spin-off del film Shrek 2, questo film di animazione ha come protagonista il Gatto con gli Stivali.
Adoro Shrek 2: lo trovo divertente ed esilarante. Soprattutto grazie alla presenza di Gatto. E chi non ama quel suo musetto con quegli occhioni sornioni?
Perciò, quando ho visto che il 16 Dicembre (qui in Italia) sarebbe uscito un film tutto suo, non ho resistito... e oggi sono corsa a vedermelo.
Non è male, però... mi aspettavo decisamente di più. Anche perché nel trailer alcune scene erano molto più esilaranti che viste nel film. Sì, ci sono momenti divertenti, senza dubbio, ma me ne aspettavo in maggior quantità. Invece hanno buttato la storia sul sentimentale.
Son rimasta delusa, non posso negarlo.

giovedì 8 dicembre 2011

midnight in Paris


Film del 2011, scritto e diretto da Woody Allen.
(Wikipedia)

Gil (sceneggiatore hollywoodiano con aspirazioni da scrittore) e la sua futura sposa Inez sono in vacanza a Parigi con i piuttosto invadenti genitori di lei. Gil è già stato nella Ville Lumiêre e ne è da sempre affascinato. Lo sarà ancor di più quando una sera, a mezzanotte, si troverà catapultato nella Parigi degli Anni Venti con tutto il suo fervore culturale. Farà in modo di prolungare il piacere degli incontri con Hemingway, Scott Fitzgerald, Picasso e tutto il milieu culturale del tempo cercando di fare in modo che il ‘miracolo' si ripeta ogni notte. Suscitando così i dubbi del futuro suocero.
(MYmovies)

Non sapevo bene cosa aspettarmi da questo film, poiché non conosco bene Woody Allen (mi son sempre ripromessa di guardarmi i suoi film, ma ancora non ne ho avuto il tempo). Il trailer mi aveva incuriosita moltissimo. Così, ieri sera sono andata al cinema (che piacere vedere un film al cinema!!! Ultimamente ci vado pochissimo, ma è un'abitudine che devo riprendere).
Amo Parigi e il film comincia con una carrellata di inquadrature di vari scorci di Parigi. 5 minuti di proiezione mi avevano già conquistata. Ed anche il resto mi è piaciuto tanto. La storia è carina, surreale. Ma proprio attraverso queste sue vicende "fantascientifiche" il protagonista fa le sue riflessioni sulla vita.
Bello, piacevole. Lo consiglio vivamente. Vale la pena di vederlo su grande schermo.

giovedì 17 marzo 2011

the piano


E' un film diretto dalla regista neozelandese Jane Campion nel 1993.
Ha vinto la Palma d'oro al 46º Festival di Cannes e tre Premi Oscar nell'edizione del 1994: migliore attrice (Holly Hunter), migliore attrice non protagonista (Anna Paquin) e migliore sceneggiatura originale (Jane Campion). A causa della sua giovanissima età (11 anni), ad Anna Paquin fu impedito di assistere alla proiezione del film per via della presenza di scene esplicite.
(Wikipedia)
Conoscevo già la storia e come andava a finire (per fortuna non è una cosa che mi infastidisce). Finalmente son riuscita a vedermelo.
Holly Hunter è davvero molto brava: riesce ad esprimere bene ogni tipo di sentimento servendosi solo e soltanto di gesti, sguardi ed espressioni del viso, dato che il suo personaggio è muto. Ed il suo personaggio è completato dalle favolose musiche di Mychael Nyman, che rapiscono l'orecchio e non solo: lasciatevi cullare dalle note del pianoforte, perché sono proprio queste a raccontarvi i sentimenti della protagonista.
Vi lascio con il tema principale, dal titolo The Heart Asks Pleasure First.


« C'è un grande silenzio dove non c'è mai stato suono,
c'è un grande silenzio dove suono non può esserci,
nella fredda tomba, del profondo mare. »
Thomas Hood, Silence

domenica 13 marzo 2011

Yamakasi


Yamakasi - Les samouraïs des temps modernes è un film del 2001 diretto da Ariel Zeitoun, e presentato da Luc Besson, che figura anche fra gli sceneggiatori della pellicola.
(Wikipedia)
Questo è uno di quei film che conosco a memoria: l'ho visto ormai non so quante volte e, ogni volta che lo danno in tv e lo comincio a guardare, non riesco a smettere. E poi, appena finisco di vederlo, ho una gran voglia di fare parkour! :p
Sette ragazzi della periferia di Parigi che per passare il tempo si divertono a scalare palazzi e a fare altre acrobazie. Questo comportamento non va molto a genio alla polizia locale, come si può appurare da una delle frasi iniziali del commissario di polizia: "I Giapponesi hanno i sette samurai, gli Americani i magnifici sette e noi i sette rompiglioni."
I personaggi sono troppo forti, ognuno con la sua particolarità che lo caratterizza.
90 minuti in cui questi ragazzi, nella veste di nuovi samurai, sfruttano la loro abilità fisica per fare un'opera di bene, in una storia un po' surreale.
Un susseguirsi di acrobazie e momenti esilaranti.
Anche le musiche mi son piaciute molto, si adattano bene alle scene alle quali fanno da sfondo.

Brokeback Mountain


Film del 2005 diretto da Ang Lee, che racconta la drammatica passione amorosa tra due uomini, due cowboy del Wyoming, nata tra gli incontaminati paesaggi delle montagne americane.
È un'opera di fantasia ed è basata sul racconto omonimo di Annie Proulx pubblicato per la prima volta sulla rivista americana The New Yorker il 13 ottobre 1997; in Italia il racconto è stato pubblicato nel 1999 con la raccolta Gente del Wyoming (Baldini & Castoldi). Il film, di produzione statunitense, è uscito in Italia il 20 gennaio 2006.
(Wikipedia)
ATTENZIONE: spoiler.

Per la trama rimando a Wikipedia (trama), dove la scheda è molto dettagliata e si possono anche leggere tante curiosità circa il film in sé.

Heath Ledger (nel film, Ennis Del Mar) e Jake Gyllenhaal (Jack Twist) interpretano in modo strepitoso i due protagonisti. Credo che recitare la parte di due omosessuali, dati i tabù che ci sono (purtroppo) al riguardo, sia una delle cose più difficili per un attore. E ho sempre pensato che per due uomini sia ancor più difficile che per due donne, dato che in loro entrano in gioco anche le dinamiche dell'orgoglio virile. Eppure, Ledger e Gyllenhall sono riusciti in questo, ma non solo: ci sono riusciti in modo sublime. Riescono ad essere convincenti, reali, e riescono a trasmettere emozioni come solo la celluloide riesce a fare. La gestualità, gli sguardi dei due attori esprimono una dolcezza infinita, che coinvolge lo spettatore.
Sono tante le scene che mi sono piaciute in questo film e non starò qui ad elencarle tutte (altrimenti finisco per raccontare scena per scena tutto il film). Perciò, ne appunterò soltanto qualcuna.
Ang Lee ci sa decisamente fare con la telecamera. Tra le riprese più belle, oltre a quelle dei paesaggi sconfinati del Wyoming, ce n'è una significativa: inquadratura in primo piano di Gyllenhall e sullo sfondo, leggermente sfocato, si vede un Ledger nudo mentre si lava al fiume. E' una scena che esprime il presagio di quello che accadrà dopo: Jack ha lo sguardo basso, non si volta, ma riesce a trasmettere, con la sola gestualità del viso, quello che gli passa per la testa, il desiderio di girarsi, di accorciare le distanze con Ennis, così taciturno ed introverso. Questo desiderio si rivela in tutti gli sguardi che Jack lancia ad Ennis e nei suoi tentativi di conversazione.
Tra le scene che più mi hanno colpito, c'è sicuramente quella in cui, mentre dormono insieme in tenda a causa del freddo al di fuori di questa, Jack prende il braccio di Ennis e si sdraia di lato, tenendolo stretto. Qualche secondo ed Ennis si mette a sedere di scatto, seguito da Jack, che gli prende la testa tra le mani e si avvicina a lui a sfiorargli le labbra. E' sensazionale il modo in cui Ennis combatte contro sè stesso: da un lato si vede che vorrebbe lasciarsi andare, ma dall'altro non riesce a concepire quello che sta succedendo, vittima lui stesso dei tabù del Wyoming rurale e conservatore degli anni '60. Mentre sono così vicini, Jack comincia a sbottonarsi la camicia. "Cosa stai facendo?" dice Ennis in un sussuro ed in un modo che esprime tutto il suo conflitto interiore (in questo è stato bravissimo il doppiatore italiano di Ledger, Alessio Cigliano). Poi la passione esplode.
Quando il loro impiego insieme sulla Brokeback si conclude, i due tornano alle loro vite, salutandosi. Jack va via in macchina, guardando dallo specchietto la figura di Ennis farsi sempre più piccola, con uno sguardo nostalgico che fa commuovere. Ennis va via a piedi, sembra quasi che a lui la separazione non pesi, fin quando si nasconde in un vicolo e piange lacrime amare.
I due conducono le proprie vite nei 4 anni successivi, fino a quando si rincontrano grazie a Jack che riprende i contatti con Ennis tramite una cartolina. Fino a quel momento sembrava che solo Jack soffrisse la mancanza della loro avventura. Ma la risposta di Ennis alla richiesta di rincontrarsi ("You bet" [in inglese rende meglio], breve, concisa, semplice), fa capire che forse lui non ha dimenticato. Ed infatti, Ennis sta tutto il giorno piantato davanti alla finestra ad aspettare Jack. Quando arriva, si precipita sotto casa ad abbracciarlo. E qui arriva un'altra scena che mi è piaciuta tantissimo. I due si abbracciano, come vecchi amici e molto di più. Poi, Ennis si guarda un attimo intorno, prende Jack per la camicia e lo porta dietro un angolo, dove lo sbatte contro il muro per baciarlo appassionatamente. Questa scena mi è piaciuta perché esprime tutto l'amore che i due provano l'uno per l'altro: quella sulla Brokeback non è stata solo un'avventura fisica, ma una passione che ha toccato le corde dei loro cuori, facendole vibrare come le loro rispettive mogli non sono riuscite a fare.
E infine, altra scena memorabile, è quella del flashback verso la fine del film. I due, a distanza di ormai vent'anni dal loro primo incontro, si rivedono per uno dei loro appuntamenti in segreto. Di nuovo finiscono a discutere della loro storia: Jack non vuole continuare così, vorrebbe lasciare la moglie e dedicarsi completamente ad Ennis. Ma quest'ultimo non ce la fa, non ha la forza per affrontare una tale sfida (ricordo sempre che si è in un'America rurale degli anni '80). I due si salutano, promettendosi di rivedersi a novembre. Jack guarda Ennis allontanarsi in macchina e nel suo sguardo colmo di malinconia si coglie anche il presagio che quella sarà l'ultima volta che i due si vedranno. Non lo sanno, ma quello è un addio. E mentre Jack resta lì a guardare il suo amore andar via, gli viene in mente quello che più gli manca tramite un flashback: 20 anni prima, sulla Brokeback Mountain, ci fu un momento in cui Ennis abbracciò da dietro Jack.

Il gesto esprime una dolcezza ed una tenerezza infinite, che si trasmettono allo spettatore, che gli fanno quasi sentire il calore di quell'abbraccio, la forza dell'affetto che questo esprime. Questa è la scena più bella secondo me.

E aldilà della storia, bellissima in sé stessa, questo film mi è piaciuto molto anche per il messaggio che manda, per lo spunto che dà per riflessioni sul modo di pensare attuale. Purtroppo siamo ancora lontani dall'accettare l'omosessualità. In alcune parti del mondo si è arrivato a permettere il matrimonio tra omosessuali. E' un trionfo per la comunità gay, ma siamo purtroppo ancora lontani dall'accettazione totale. Nel film la moglie di Ennis, che ha scoperto la relazione dell'ormai ex marito, definisce Jack "un deviato". Era gli anni '60-'70. Ma quanti ancora la pensano così, dopo ormai 40 anni?
Questo film a mio avviso dovrebbe far riflettere e dovrebbe aiutare le molte persone chiuse al riguardo ad aprire le loro menti. Chi l'ha detto che due uomini (o due donne) non possano amarsi (e non parlo di sesso, ma di un sentimento più profondo) con la stessa intensità, o anche di più, di due eterosessuali? Come si può etichettare l'amore? Come si può dividere tra amore giusto e sbagliato? L'amore, secondo me, è semplicemente amore. Citando Nietzsche, "l'amore va al di là del bene e del male", e nessuno dovrebbe permettersi di giudicare l'amore.

Love is a force of nature.

sabato 12 marzo 2011

Juno


Film del 2007 diretto da Jason Reitman, con protagonista Ellen Page.
La pellicola è stata presentata in anteprima il 26 ottobre 2007 al Festival Internazionale del Film di Roma, dove ha vinto il premio come Miglior Film. Alla presentazione del film a Roma erano presenti la protagonista e la sceneggiatrice Diablo Cody. Per ritirare il premio è arrivato appositamente anche il regista Jason Reitman.
(Wikipedia)
92 minuti di pura delizia! Mi è piaciuto moltissimo. Juno (Ellen Page) è un'adolescente che resta incinta alla sua prima esperienza sessuale. Ma non è la solita storia di un "incidente giovanile", con genitori che sbraitano, lacrime, urla, tristezza e poi un bel lieto fine smielato. Nulla di tutto ciò. La storia è resa divertente e "leggera" dal modo con cui Juno affronta la situazione. Lei è una tipa strana, diversa dalle altre ragazze della sua età, di mente superaperta. Mi è piaciuto molto il suo personaggio, soprattutto il suo modo di parlare, uno slang adolescenziale intriso di ironia da scompisciarsi dalle risate.
Paulie (Michael Cera), il ragazzo con cui Juno ha il bambino, è un personaggio veramente troppo buffo! Ogni personaggio del film ha la sua piccola stranezza che lo caratterizza, ma lui è proprio il massimo della comicità.
Inoltre c'è una Jennifer Garner che interpreta un personaggio, Vanessa, da un lato fastidioso per il suo essere perfettino e opprimente nei confronti del marito Mark (Jason Bateman) affetto da sindrome di Peter Pan, ma dall'altro esprime un desiderio di diventare mamma talmente forte che quasi sfiora l'ossessione.
Bella storia, vale proprio la pena vederselo.

giovedì 10 marzo 2011

l'importanza di chiamarsi Ernest


Film del 2002 diretto da Oliver Parker, basato sulla commedia satirica L'importanza di chiamarsi Ernesto di Oscar Wilde.
La pellicola vede Colin Firth e Rupert Everett nei ruoli dei protagonisti Jack e Algy, affiancati da Frances O'Connor, Reese Witherspoon, Judi Dench e Tom Wilkinson.
Wikipedia
Non ho letto la commedia di Wilde (cosa a cui prima o poi provvederò), ma il film è davvero carino: semplice, divertente, per nulla impegnativo. Il giusto film per passare una serata in relax, godendosi due attori veramente strepitosi come Firth ed Everett.
Buona visione!

il discorso del re


Ieri sera, dopo tanto tempo, sono andata al cinema. Sono andata al Tibur, a San Lorenzo. Lo trovo un cinema molto carino, piccolino, raccolto, dove ho sempre visto bei film, tra cui questo.
E' la storia del Principe Alberto (Colin Firth), poi divenuto re Giorgio VI, e del suo problema di balbuzie. Per la trama, vi rimando a wikipedia: trama.
La storia è resa in maniera pirandelliana: la balbuzie del principe/re fa ridere, mette anche in imbarazzo il popolo inglese, ma le telecamere vanno ad indagare dietro le quinte, dove c'è l'uomo che si vergogna di sé stesso, che soffre di questo suo problema. Probabilmente nessuno avrebbe potuto interpretare il personaggio meglio di Firth. Semplicemente formidabile. Ha classe, stile e bravura. Oscar come miglior attore protagonista più che meritato.
E non è da meno Geoffrey Rush, nei panni del logopedista Lionel Logue.
La coppia rende il film bellissimo, divertente e commovente.
Andatevelo a vedere: anche se non ha effetti speciali e quindi potrebbe essere visto comodamente a casa in dvd, secondo me vale la pena vederselo al cinema. Del resto, i film visti in sala trasmettono tutt'altro fascino.

il genio della truffa


La scorsa settimana, giovedì sera (se non erro) hanno dato in tv questo film. Ovviamente in seconda serata, perché prima la "bellissima" televisione italiana deve trasmettere Grande Fratello, Amici, Mistero e altri programmi "inteligentissimi e di così alto livello".
Avevo la tv accesa in sottofondo mentre risistemavo un po' di cose nella mia superincasinatissima camera, quando per caso è cominciato questo film e ho deciso di vedermelo (un film di Ridley Scott è sempre qualcosa di appetibile).
Ero un po' titubante all'inizio. Infatti Nicholas Cage, che un tempo apprezzavo come attore, dopo aver visto alcuni film in cui non mi era piaciuto per niente (The Family Man, Il Mistero dei Templari e, soprattutto, Ghost Rider!!!), non mi convinceva...
Ed invece questo è stato il film che me lo ha fatto rivalutare.
La storia è molto bella: Roy (interpretato da Cage) è un artista della truffa, un genio come nessun altro. Lavora in coppia con il suo socio Frank (Sam Rockwell) ed ogni suo raggiro va a buon fine (per lui e Frank, ovviamente). Eppure, Roy è un tipo insicuro in balia di manie e fobie (come ad esempio, la fissa per la pulizia o la paura di stare all'aria aperta).
Roy non ha famiglia: la moglie lo lasciò 14 anni prima, incinta di due mesi. E ora, sua figlia Angela (Alison Lohman), ormai adolescente, vuole conoscerlo. Così, si instaura un rapporto tra i due. E per lei Roy deciderà di abbandonare il suo stile di vita. Come evolveranno gli eventi?
Non scrivo altro della trama. Secondo me, vale la pena vederlo. Anche e solo per la formidabile interpretazione di Cage. Tutte le stranezze di Roy, come tic, smorfie e contrazioni improvvise, Cage li rende alla perfezione, trasmettendo la drammaticità del personaggio. Davvero molto bravo.

domenica 27 febbraio 2011

Inception


Christopher Nolan è davvero un regista in gamba. L'ho amato per Batam Begins ed ancor di più per The Dark Knight. Ed ora mi ha stupito con questo film visionario ed alquanto intrippante.
Non voglio dir nulla al riguardo per non rischiare di "spoilerizzare" qualcosa.
Quello che posso dirvi è che non è di certo un film per rilassarsi: ti tiene inchiodato alla poltrona a spremerti le meningi per capire quello che gli occhi vedono. Ecco, secondo me è un film molto alla stregua di Matrix, i.e. dietro gli effetti speciali, la trama nasconde una filosofia per nulla banale.
L'ho gradito molto e vale la pena vederselo. Forse al cinema avrebbe reso di più.
Ma vi assicuro che anche piazzati su un comodo divano e sotto una calda coperta non è niente male.

sabato 12 febbraio 2011

The Spirit


Giovedì sera ero a casa e in tv hanno trasmesso The Spirit, che era nella lista dei film che prima o poi vorrei vedere. Così, ne ho approfittato: alle ore 21, inforcati gli occhiali, indossata una comoda tuta, presa una morbida coperta, ero in postazione d'ozio totale sul mio letto.
Frank Miller è grande! Quel suo stile, in cui pare di vedere una pellicola a fumetti piuttosto che un film, lo trovo stupendo. Miller non delude, anche se... la storia mi sembrava piuttosto banale, anche un po' vuota. Dato che considero Miller un genio, mi son chiesta quale fosse il suo obiettivo per questo film. Così, armatami di computer, mi sono affidata a Google, dove ho trovato questa bella recensione di Andrea D'Addio pubblicata il 22/12/2008.

Miller si sbizzarrisce nei richiami ad altre opere cinematografiche, nel costruire attorno al suo protagonista una sorta di manifesto pop non solo del concetto di supereroe, ma anche del cinema stesso.
“Datemi subito una cravatta. E fate in modo che sia rossa!”. Quando quello che dovrebbe essere un supereroe esclama, dopo poco più di mezz’ora, una frase così leggera e allo stesso tempo così intrinsecamente legata a quell’attenzione per l’estetica che sta facendo diventare i vari Spiderman & Co. più che delle leggende delle vere e proprie icone di stile (non a caso a New York lo scorso maggio vi è stata una mostra su questa falsariga), è chiaro che ciò che si sta guardando è qualcosa di diverso dalle solite pellicole sui boyscout mascherati.
Qui The Spirit non è una riproposizione audio e video dei disegni e delle storie di Will Eisner (che lo ha creato nel 1940), ma un personaggio che di quelle pagine riprende sì il look, i nomi dei cattivi e la rappresentazione della città, e cioè la parte più superficiale, quella legata all’occhio, ma esagera tutto il resto, a partire dall’ironia.
Se The Spirit aveva come punto di riferimento, a volte anche in maniera sarcastica, i detectives delle storie di Raymond Chandler, qui Miller si sbizzarrisce nei richiami ad altre opere cinematografiche (grottesca quella di “Il maratoneta”), nel costruire attorno al suo protagonista una sorta di manifesto pop non solo del concetto di supereroe, ma anche del cinema stesso.
Non siamo assolutamente dalle parti delle cupe atmosfere di Sin City e 300 (mondi che Miller ha inventato quando si limitava al fumetto), tutto è volutamente sopra le righe, comico nel suo essere smaccatamente frutto di una ricerca prima di tutto estetica e solo in secondo luogo contenutistica. Non c’è sovrastruttura narrativa, il buono nasce per combattere un cattivo che: a) vuole dominare il mondo, b) rivela i suoi piani all’eroe quando pensa di essere ormai vicino alla vittoria (ma logicamente si sbaglia) e c) dice frasi del tipo “noi due in fondo siamo uguali”. Insomma ricalca fedelmente qualsiasi stereotipo per diventarne il ridicolo emblema e strappare sorrisi.
Frank Miller pare aver riversato nel suo eroe tutte le sue passioni. Dall’amore per la città a quello per le belle donne, passando per l’attenzione ai capi firmati (chi scrive ha avuto modo di intervistarlo tempo fa. Alla domanda sul se seguisse la moda, Miller rispose: “Mi piace così tanto che per Sin City finii col vestire delle prostitute che guadagnano mille dollari al mese con dei Versace che costano più di diecimila dollari”).
The Spirit va così visto come una sorta di film comico, una festa di continue invenzioni visive che strizzano l’occhio al cinefilo, ma forse non agli amanti dell’originale The Spirit, un lavoro originale e apprezzabile per il suo tentativo di cercare un proprio linguaggio (di Sin City si può dire, ad esempio, che sia quasi ricalcato sulla graphic novel), memore della lezione di Eisner, ma non per questo succube del genio del suo inventore.

Confermo: Frank Miller è geniale!

sabato 11 luglio 2009

Wolverine

Giovedì sera sono andata al cinema a Villa Mercede a vedere "X-men, le origini: Wolverine". Me l'ero perso al cinema, non potevo non appofittare di questa seconda occasione che il destino ha voluto offrirmi. Perciò, ho reclutato Francesco e siamo andati. Il film mi è piaciuto tanto, anzi tantissimo. Sono troppo appassionata dei film di X-men! Infatti non vedo l'ora di rivedere anche gli altri tre, per l'N-sima volta (con N moooooolto grande, diciamo N->infinito... :p ).
Tra le tante citazioni, oltre le solite tipicamente sarcastiche del Wolverine che conosciamo tutti, ce n'è una che mi è piaciuta molto e perciò ve la riporto:

La luna è così sola perché aveva un amante.
Il suo nome era Kuekuatsheu e vivevano assieme nel mondo degli spiriti.
Tutte le notti viaggiavano nel cielo assieme.
Ma uno degli altri spiriti era geloso: Trickster, uno della luna del sud.
Così disse a Kuekuatsheu che la Luna aveva chiesto dei fiori.
Gli disse di scendere nel nostro mondo e di raccogliere qualche rosa selvaggia.
Ma Kuekuatsheu non sapeva che una volta lasciato il mondo degli spiriti
non avrebbe potuto farci ritorno.
E tutte le notti lui guarda in alto nel cielo, vede la Luna e ulula il suo nome.
Ma... non può più toccarla.

Kuekuatsheu.
Oppure...
Wolverine.

lunedì 11 agosto 2008

Paris, Texas

Ieri sera ho visto (sotto consiglio di Luca) "Paris, Texas", un film di Wim Wenders. Davvero molto bello. Fa riflettere: il tema del viaggio, il vagare alla ricerca di sè stessi, delle proprie radici. E poi... belle le inquadrature, alcune sembrano quasi dei quadri. Un vero artista, Wenders.
Grazie mille, Luca! :D

martedì 5 agosto 2008

the dark knight



Semplicemente fantastico!!! Bella storia, begli intrecci... Attori eccezionali! Ed il migliore è sicuramente Heath Ledger. Joker è insuperabile, eclissa tutti gli altri attori. Davvero davvero bravissimo!!!
Tu non riesci proprio a lasciarmi, eh? Ecco cosa succede quando una forza irrefrenabile incontra un oggetto inamovibile: tu non mi uccidi per un mal riposto senso di superiorità e io non ti uccido perché sei troppo divertente. Credo che io e te siamo destinati a scontrarci in eterno.
Joker

lunedì 26 maggio 2008

I'm a legend


Il mio caro fratellone domenica scorsa mi ha regalato il dvd di "Io sono leggenda"... che delusione!!! :( Il libro è molto più bello... spt, il film... solita americanata... e poi, a parte il nome del protagonista, la storia non c'entra nulla!!!! Ma allora non dategli lo stesso titolo del libro! Meno male che almeno c'era Will Smith... fiqissimo come sempre! Quant'è bello! :)


  Robert Neville posò lo sguardo sui nuovi abitanti della Terra. Sapeva di non essere uno di loro; sapeva di essere un anatema, un orrore nero da distruggere, come i vampiri. E quell'idea lo colpì come un fulmine, divertendolo persino nel dolore.
  Un risolino strozzato gli riempì la gola. Si girò e si appoggiò alla parete mentre ingoiava le pillole. Il cerchio è completo, pensò mentre il letargo definitivo gli strisciava nelle membra. Il cerchio è completo. Un nuovo terrore prende forma nella morte, una nuova superstizione penetra la fortezza inattacabile dell'infinito.
    Io sono leggenda.
Richard Matheson

martedì 5 febbraio 2008

into the wild

Sapevo che Sean Penn non mi avrebbe deluso! E' proprio grande! Sono uscita dal cinema estasiata.
Into The Wild. Solo il titolo ha richiamato la mia attenzione di ragazza sognatrice... Una storia bellissima, che lascia un segno. Ti fa riflettere, ti induce a pensare. La felicità? Qual è la vera felicità? Dove trovarla? Credo che Chris McCandless debba essere preso d'esempio da tutti noi giovani. E' stato coraggioso, è stato, semplicemente, grande!!!
Ho trovato questa bella recisione di Emiliano Bertocchi che riporto qui di seguito:

Ci sono film che non restano rinchiusi nei margini dello schermo e magicamente ti entrano dentro, fino a colmarti. Ci sono film che diventano esperienza, nel momento stesso in cui il vedere e l´ascoltare si trasformano in sentire. Emozioni, vita, dolore, morte, paura, felicità. Into The Wild è un viaggio di puro splendore. Nel quale un ragazzo spinge fino ai limiti estremi una sua scelta morale. La ricerca della solitudine assoluta per misurare il proprio bisogno degli altri. E´ questo il fine ultimo di tutte le avventure, gli incontri e le scelte di Chris McCandless (interpretato da un magnifico Emile Hirsch). Un viaggio che trasforma la fisicità del movimento in una ricerca interiore, esistenziale e allo stesso tempo letteraria e filosofica. Sean Penn amalgama con grande maestria questi tre piani, riportandoli in una forma del racconto che li sappia racchiudere ed esprimere. E allora a dare continuità al rapporto tra vita e scrittura ci pensano le parole in sovrimpressione di Chris, che riempiono lo schermo e si mescolano con le immagini, diventando un´unica materia, quella di cui poi è fatto il cinema. E gli autori e i libri amati da Chris: London, Tolstoj, Il dottor Zivago . Le riflessioni filosofiche (Thoreau) che scaturiscono dal rapporto dell´uomo con la natura, dal suo misurare i propri limiti, dalla sua ricerca della verità.

Dopo aver preso una laurea con il massimo dei voti e aver adempito ai suoi obblighi nei confronti di quello che la società e la famiglia si aspettavano da lui, Chris decide di mettersi sulla strada, rinunciando a tutti i suoi risparmi, per fare ogni giorno una nuova esperienza. E durante il suo viaggio Chris, che si ribattezza Alexander Supertramp, farà alcuni incontri che daranno ancora di più le coordinate della sua ricerca, grazie alle possibilità che la vita offre di poter condividere tempo e momenti con altre persone, per avvicinarsi a quella consapevolezza di se stessi che Chris deve ancora ottenere, perché il suo è anche un viaggio di formazione, di scoperta del proprio mondo interiore e dei suoi limiti. Tra questi incontri particolarmente emozionante è quello con due hippy, un´occasione per Sean Penn di riportare alla luce alcune delle utopie degli anni ´60 e ´70, come le comuni (qui è presente quella di Slab City) e il concetto di famiglia allargata.

La divisione della storia narrata da Penn (tratta dal romanzo di Jon Krakauer) in capitoli che ripercorrono l´esistenza umana, dalla nascita alla conquista della saggezza, dà anche il senso di un´interpretazione del tema del viaggio come nuova vita, come se i due anni in cui Chris cammina in lungo e in largo per l´America fossero, per lui, come una rinascita, un nuovo percorso umano ed esistenziale, in cui le tappe fondamentali della vita si condensano in incontri e scoperte. La narrazione alterna le settimane che Chris passa in Alaska, la sua grande avventura, la sua prova più estrema e i periodi di tempo in cui è in giro per l´America. Si alternano quindi la voce dello stesso Chris e quella della sorella, indispensabile per aprire nuovi scenari sulla vita del ragazzo, sulle sue paure, sulla scoperta di quanto la sua famiglia fosse ipocrita e violenta. Perché è proprio la famiglia, simbolo della società e del suo funzionamento, ad essere il nucleo malato che partorisce la rivolta di Chris.

Una rivolta estrema, senza compromessi, che trasforma questo film anche in un manifesto politico di assoluta negazione di alcuni dei principi fondanti delle società occidentali, quali la famiglia e il consumo. Attraverso la storia di Chris, Sean Penn apre uno squarcio profondo nella realtà codificata e perennemente uguale a se stessa nella quale ci ritroviamo a vivere. Mostra la natura, mostra l´uomo completamente immerso nella natura. Ma la sua non è una visione retorica, è semplicemente l´esplorazione di altre possibilità, di altre approcci alla vita. La natura mostrata da Penn non è benevola. E più essa diventa selvaggia, lontana dalla civiltà, più si trasforma in un ambiente ostile all´uomo e alle sue necessità primarie. La caccia e l´alimentazione diventano problemi reali, concreti, quotidiani. Ma la natura è anche il luogo in cui lo spirito umano trova la possibilità di espandersi ed elevarsi, quasi in comunione mistica con gli elementi. Vivere qui ed ora, senza anestesie di alcun tipo, tecnologiche quanto sociali, vivere per scoprire l´essenza della vita stessa, la verità ultima e più profonda.

"La felicità non è reale se non è condivisa" scrive Chris sul suo quaderno. E questa è la sua illuminazione, questa la sua saggezza. Sean Penn lavora in maniera profonda, accurata. Costruisce un film in cui non sono solo i grandi spazi offerti dai paesaggi naturali a riempire l´inquadratura ma anche i dettagli di fiori, piante, animali. Spazi cinematografici pulsanti, vivi, pieni di un´infinita bellezza, perché la natura diventa anche esperienza estetica, visiva. E poi un uso espressivo, poetico della colonna sonora, con le stupende canzoni di Eddie Vedder, i cui testi si misurano sempre con le immagini e con le parole del protagonista. Un modo per esprimere ancora concetti e idee, ma anche per creare emozioni e sensazioni.

Into The Wild non è solo un film da vedere e rivedere e amare è più di ogni altra cosa un´esperienza da vivere. Un viaggio da compiere.
Non sarei stata capace di esprimere così bene ciò che questo film dona a chi lo guarda...
Bye